venerdì 31 luglio 2015

Luciana Littizzetto

“Gli uomini fanno fatica a dire ti amo. Lo dicono solo in caso di estrema necessità, tipo quando proprio non ne possono fare a meno, sennò dicono dei surrogati. Dei derivati del ti amo. Che fanno danni come i derivati delle banche. Dite delle cose tipo: sei molto importante per me. E cosa vuol dire molto importante? Anche non pestare una cacca di cane prima di portare le scarpe al calzolaio è molto importante, ma non è mica la stessa cosa che dire ti amo. Dite cose tipo: mi fai stare bene. Ma mi fai stare bene lascialo dire a Biagio Antonacci. Dillo al tuo medico Shiatzu quando ti schiaccia i piedi per metterti a posto la cervicale. Oppure sprecate quelle parole tipo tesoro, meraviglia, splendore… Ma splendore cosa? Guardami. Splendo? Non sono mica una plafoniera. Ma dite ti amo, pezzi di cretini! Se la prima volta vi vergognate mettete la testa nel sacchetto del pane! Dite “ti amo” mentre vi lavate i denti? Sglrlb? Va bene anche quello. Poi al limite cambiate idea. Dire una volta ti amo non crea nè impotenza nè assuefazione.
Poi il bello è che non capite nulla anche quando siamo noi a dirvi parole d’amore… Se vi diciamo cose romantiche tipo: Amore, guarda che luna… voi rispondete: minchia l’una? Pensavo fossero le undici. Andiamo che mi è scaduto il parcheggio…
Ma noi vi amiamo lo stesso. Così come siete.
(Luciana Littizzetto)


Come eravamo

Franca Valeri, Vittorio Caprioli, Pier Paolo Pasolini e Laurent Terzieff 

giovedì 30 luglio 2015

Σ' αγαπώ γιατί είσαι εσύ

by istintomaximo on twitter

Kafka sulla spiaggia

Guardo il suo seno. 
La parte tonda, in rilievo, in accordo col ritmo del suo respiro, si solleva e si abbassa dolcemente, simile al movimento delle onde. Mi fa pensare a una vasta distesa di mare su cui scende una pioggia silenziosa e incessante. Io sono il navigatore solitario in piedi sul ponte della nave, e lei è il mare. Il cielo è un’uniforme distesa grigia che in lontananza si confonde con il mare, che la stessa tinta cinerea. In momenti come questo è molto difficile distinguere dove cominci uno e abbia fine l’altro. E’ difficile persino distinguere il navigatore dal mare. E anche i confini tra la realtà e il cuore.

Haruki Murakami, Kafka sulla spiaggia

David Grossman

Ho bisogno di un compagno reale per il mio viaggio immaginario. 
(David Grossman, "Che tu sia per me il coltello")

Le cinèma

Auguri di buon compleanno al regista e sceneggiatore Gabriele Salvatores, nato a Napoli il 30 luglio 1950

Gabriele Salvatores

Il problema è che abbiamo paura, basta guardarci. Viviamo con l’incubo che da un momento all’altro tutto quello che abbiamo costruito possa distruggersi. Con il terrore che il tram su cui siamo possa deragliare. Paura dei bianchi, dei neri, della polizia, dei carabinieri. Con l’angoscia di perdere il lavoro ma anche di diventare calvi, grassi, gobbi, vecchi, ricchi. Con la paura di perdere i treni, di non arrivare in orario agli appuntamenti. Paura che scoppi una bomba, di rimanere invalidi, paura di perdere un braccio, un occhio, un dito, un dente, un filo, un foglio. Un foglio su cui avevamo scritto una cosa importantissima. Paura dei terremoti, paura dei virus, paura di sbagliare, paura di dormire. Paura di morire prima di aver fatto tutto quello che dovevamo fare. Paura del vicino di casa, paura delle malattie, paura di non sapere cosa dire. Paura delle donne, paura degli uomini, paura dei germi, dei ladri, dei topi e degli scarafaggi. Paura di puzzare, paura di votare, di volare. Paura della folla, paura di fallire, paura di cadere, di rubare, di cantare. Paura della gente. Paura degli altri.
—  Happy Family; regia di Gabriele Salvatores