lunedì 13 luglio 2015

Oriana Fallaci

  Da un capo all’altro della terra le donne vivono in un modo sbagliato: o segregate come bestie in uno zoo, guardando il cielo e la gente da un lenzuolo che le avvolge come il sudario avvolge il cadavere, o scatenate come guerrieri ambiziosi, guadagnando medaglie nelle gare di tiro coi maschi. E io non sapevo se la pena più profonda l’avessi provata dinanzi alla piccola sposa di Karachi o dinanzi alla brutta soldatessa di Ankara. Io non sapevo se mi avesse spaventato di più la vecchia cinese coi piedi fasciati o questa americana impegnata a trattenere un italiano che sbadigliava di sonno. Tutte, risposi a Laureen, erano più o meno consapevolmente lanciate verso qualcosa che non può provocar che dolore, un dolore sempre più complicato. Il grande ritornello che scuote le donne dell’intero globo terrestre si chiama Emancipazione e Progresso: ogni volta che sbarcavo in un nuovo paese mi trovavo dinanzi queste due parolone e a donne che se ne riempivan la bocca quasi si fosse trattato di chewing-gum. Gliele abbiamo insegnate noi donne evolute, come a masticare chewing-gum, ma non gli abbiamo detto che il chewing-gum può far male allo stomaco. […] Girando come Caino intorno alla luna, ero tornata in ogni senso al medesimo punto da cui ero partita. E in quel girare avevo seguito la marcia delle donne intorno a una cupa, stupidissima infelicità. 
Oriana Fallaci, Il sesso inutile

Il piacere

Non ricordo più nulla. Vi amo. Amo voi sola. 
Penso per voi sola. Vivo per voi sola. 
Non so più nulla; non desidero più nulla, 
oltre il vostro amore.
—  Andrea Sperelli, da “Il Piacere ∼Gabriele D'Annunzio

Il gioco del mondo

Illusione e delusione di passare da una bocca ad un’altra, di cercare con gli occhi chiusi un collo in cui la mano ha dormito raccolta, e sentire che la curva è diversa, una base più spessa, un tendine che si contrae brevemente nello sforzo di rizzarsi per baciare o mordere. Ogni attimo del suo corpo di fronte a un disaccordo delizioso, doversi allungare un pochino di più, o abbassare la testa per trovare la bocca che prima stava lì vicina, carezzare un fianco più stretto, incitare una risposta e non ottenerla, insistere, distratto, per poi accorgersi che tutto bisogna inventare di nuovo, che il codice non è stato stabilito, che le chiavi e il cifrario nasceranno di nuovo, saranno diversi, corrisponderanno ad altro. Il peso, l’odore, il tono di una risata, di una supplica, i tempi, le accelerazioni, nulla coincide essendo uguale, tutto nasce di nuovo essendo immortale, l’amore gioca a inventarsi, fugge da se stesso per tornare nella propria spirale impressionante, i seni cantano in un altro modo, la bocca bacia più profondamente o come di lontano, e in un momento in cui prima era collera e angoscia ora è gioco puro, un incredibile sollazzo, o al contrario, quando prima si cadeva nel sonno nel balbettio di dolci stupide cose, adesso la tensione, qualcosa di incomunicato eppure presente che esige d’incarnarsi, qualcosa come una rabbia insaziabile. Solo il pacere nel suo palpito ultimo è il medesimo; prima e dopo il mondo è andato in pezzi e bisogna nuovamente dargli nome, dito per dito, labbro per labbro, buio per buio.
Julio Cortàzar, Rayuela - Il gioco del mondo

domenica 12 luglio 2015