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martedì 7 marzo 2023

Tratto da "Pasolini, un uomo scomodo", di Oriana Fallaci

 "Ventiquattr’ore prima che ti sbranassero, venni a Roma con Panagulis. Ci venni decisa a vederti, risponderti a voce su ciò che mi avevi scritto. Era un venerdì. E Panagulis ti telefonò a casa ma, alla terza cifra, si inseriva una voce che scandiva: «Attenzione. A causa del sabotaggio avvenuto nei giorni scorsi alla centrale dell’EUR, il servizio dei numeri che incominciano col 59 è temporaneamente sospeso». L’indomani accadde lo stesso. Ci dispiacque perché credevamo di venire a cena con te, sabato sera, ma ci consolammo pensando che saremmo riusciti a vederti domenica mattina.

Per domenica avevamo dato appuntamento a Giancarlo Pajetta e Miriam Mafai in piazza Navona: prendiamo un aperitivo e poi andiamo a mangiare. Così verso le dieci ti telefonammo di nuovo. Ma, di nuovo, si inserì quella voce che scandiva: attenzione, a causa del sabotaggio il numero non funziona. E a piazza Navona andammo senza di te. Era una bella giornata, una giornata piena di sole. Seduti al bar Tre Scalini ci mettemmo a parlare di Franco che non muore mai, ed io pensavo: mi sarebbe piaciuto sentir Pier Paolo parlare di Franco che non muore mai.

Poi si avvicinò un ragazzo che vendeva «l’Unità» e disse a Pajetta: «Hanno ammazzato Pasolini». Lo disse sorridendo, quasi annunciasse la sconfitta di una squadra di calcio. Pajetta non capì. O non volle capire? Alzò una fronte aggrottata, brontolò: «Chi? Hanno ammazzato chi?». E il ragazzo: «Pasolini». E io, assurdamente: «Pasolini chi?». E il ragazzo: «Come chi? Come Pasolini chi? Pasolini Pier Paolo». E Panagulis disse: «Non è vero». E Miriam Mafai disse: «È uno scherzo». Però allo stesso tempo si alzò e corse a telefonare per chiedere se fosse uno scherzo. Tornò quasi subito col viso pallido. «È vero. L’hanno ammazzato davvero». In mezzo alla piazza un giullare coi pantaloni verdi suonava un piffero lungo. Suonando ballava alzando in modo grottesco le gambe fasciate dai pantaloni verdi, e la gente rideva. «L’hanno ammazzato a Ostia, stanotte» aggiunse Miriam. Qualcuno rise più forte perché il giullare ora agitava il piffero e cantava una canzone assurda. Cantava: «L’amore è morto, virgola, l’amore è morto, punto! Così io ti piango, virgola, così io ti piango, punto!».

Non andammo a mangiare. Pajetta e la Mafai si allontanarono con la testa china, io e Panagulis ci mettemmo a camminare senza sapere dove. In una strada deserta c’era un bar deserto, con la televisione accesa. Si entrò seguiti da un giovanotto che chiedeva stravolto: «Ma è vero? È vero?». E la padrona del bar chiese: «Vero cosa?». E il giovanotto rispose: «Di Pasolini. Pasolini ammazzato». E la padrona del bar gridò: «Pasolini Pier Paolo? Gesù! Gesummaria! Ammazzato! Gesù! Sarà una cosa politica!». Poi sullo schermo della televisione apparve Giuseppe Vannucchi e dette la notizia ufficiale. Apparvero anche i due popolani che avevano scoperto il tuo corpo. Dissero che da lontano non sembravi nemmeno un corpo, tanto eri massacrato. Sembravi un mucchio di immondizia e solo dopo che t’ebbero guardato da vicino si accorsero che non eri immondizia, eri un uomo. Mi maltratterai ancora se dico che non eri un uomo, eri una luce, e una luce s’è spenta?".

Tratto da "Pasolini, un uomo scomodo", di Oriana Fallaci, Rizzoli, 2015



sabato 25 luglio 2020

Matilde Serao

Matilde Serao ed Eleonora Duse in vacanza a Saint Moritz (1895)

"Ognuno ama come può, mia cara".
Matilde Serao, Addio amore!, 1927 - parte prima, III

giovedì 30 aprile 2020

Oriana Fallaci

Tu ritorni col cervello ed il cuore sbranati da una ferita gravissima, ma gli altri lo ignorano perché nelle apparenze tu sei come prima. Lasciali in questa illusione, non raccontare che sei cambiata, non raccontare la guerra che ti ha fatto cambiare.
— Oriana Fallaci, Penelope alla guerra

martedì 28 aprile 2020

Sylvia Plath

Breve appunto: a me stessa.
E’ ora di darmi una controllata.
Ho vagato in giro lugubre, tetra, triste.
Adesso è ora che mi ricostruisca dentro,
che mi dia spina dorsale,
anche se fallisco.
Sylvia Plath

lunedì 27 aprile 2020

Martha Medeiros

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza
porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.
Martha Medeiros

domenica 26 aprile 2020

Emily Dickinson

L’ anima si sceglie il proprio compagno.
Poi chiude la porta.
E. Dickinson

Luce Irigaray

Dobbiamo modificare il nostro modo tradizionale di parlare che, per lo più, si rivolge all’altro attraverso un senso già codificato, presunto neutrale e universale. Rivolgersi all’altro in quanto altro richiede parole inedite e in qualche maniera uniche, come è sempre nuovo e unico l’incontro con un altro. Richiede anche parole che esprimono, e si indirizzano, a un essere globale, con la propria sensibilità, il proprio corpo. Non si tratta dunque di ripetere un discorso già esistente, ma di creare un dire vivo, direi poietico, che chiama l’altro ad entrare in relazione qui e ora. La parola allora si fa gesto, un gesto che tocca l’altro e lo implica, pur rispettando la sua singolarità. Il che esige che sia mantenuto, in se stessi e fra i due, un silenzio che preservi la dualità dei mondi e delle soggettività, e fornisca un luogo dove possa nascere una parola nuova.
(Luce Irigaray)

martedì 14 aprile 2020

Simone de Beauvoir

Da bambina, da ragazza, i libri mi hanno salvata dalla disperazione; per questo mi sono persuasa che la cultura sia il valore più alto.
Simone de Beauvoir
 


Simone de Beauvoir

Se un tormento viene tenuto temporaneamente lontano,
non si può dire che abbia cessato di esistere.
E’ presente persino nella cura con cui si cerca di evitarlo.
- Simone de Beauvoir

(Nella foto: Simone de Beauvoir al funerale di of Jean-Paul Sartre al cimitero di Montparnasse, il 19 aprile 1980)

Simone de Beauvoir

Perché ci s’innamora?
Nulla di più complesso: perché è inverno, perché è estate;
per eccesso di lavoro o per troppo tempo libero;
per debolezza, per forza, per bisogno di sicurezza, per amore del pericolo; per disperazione, per speranza;
perché qualcuno non ti ama, perché qualcuno ti ama.

Simone De Beauvoir

Epistulae

Jean-Paul Sartre a Simone de Beauvoir
Ottobre 1939
Se ci fosse stato bisogno di sentire sino a che punto siamo uniti, questa guerra fantasma avrebbe avuto almeno questo di buono, che lo ha fatto sentire. Ma non era necessario. Tuttavia essa dà una risposta alla domanda che vi tormentava: amore mio, voi non siete “una cosa della mia vita” – sia pure la più importante – perché la mia vita non è più mia, non la rimpiango nemmeno e voi siete sempre me. Voi siete molto di più, siete voi che mi permettete di immaginare qualsiasi avvenire in qualsiasi vita.

Simone de Beauvoir

Nessuno mi accettava così com'ero, nessuno mi voleva bene: mi vorrò bene da me stessa, decisi, per compensare quell'abbandono.
Simone de Beauvoir, Memorie di una ragazza 
perbene

Amici

Alberto Korda, Sartre, Simone de Beauvoir e Che Guevara all’Avana, 1960


lunedì 12 novembre 2018

Dunya Mikhail

"Ringrazio tutti coloro che non amo perché non mi fanno venire il mal di testa, non mi fanno scrivere lunghe lettere. Non agitano i miei sogni, non li attendo con ansia, non leggo i loro oroscopi sul giornale, non compongo il loro numero di telefono, non li penso. Li ringrazio molto perché non mi mettono in subbuglio la vita."
- Dunya Mikhail
Photo Rodney Smith

mercoledì 18 luglio 2018

Elena Ferrante

Cancella i punti esclamativi. Lui è andato, tu resti. Non godrai più del lampo dei suoi occhi, delle parole, ma con questo? Organizza le difese, conserva la tua interezza, non farti rompere come un soprammobile, non sei un ninnolo, nessuna donna è un ninnolo. La femme rompue, ah, rompue, rotta un cazzo. Il mio compito, pensavo, è dimostrare che si può restare sane. Dimostrarlo a me, a nessun altro. Se sono esposta ai ramarri, combatterò i ramarri. Se sono esposta alle formiche, combatterò le formiche. Se sono esposta ai ladri, combatterò i ladri. Se sono esposta a me stessa, mi combatterò.
— I giorni dell'abbandono, Elena Ferrante

domenica 3 settembre 2017

sabato 22 luglio 2017

Marguerite Yourcenar

A volte si vive per anni con degli amici, è un'occasione rara. Altri amici vanno e vengono a seconda delle loro occupazioni o noi delle nostre. Alcuni stanno con noi mesi, giorni o solamente poche ore, ma ogni amicizia è una conquista durevole.
Credo del resto che l'amicizia, come l'amore, del quale ha un pò la stessa natura, possa paragonarsi a una figura di danza ben riuscita, ci vogliono molto slancio e molto controllo, molta energia e tanta delicatezza, molte parole e molti silenzi e soprattutto molto rispetto.
Marguerite Yourcenar

giovedì 20 luglio 2017

Un uomo

"E forse il tuo carattere non mi piaceva, né il tuo modo di comportarti, però ti amavo di un amore più forte del desiderio, più cieco della gelosia: a tal punto implacabile, a tal punto inguaribile, che ormai non potevo più concepire la vita senza di te. Ne facevi parte quanto il mio respiro, le mie mani, il mio cervello, e rinunciare a te era rinunciare a me stessa, ai miei sogni che erano i tuoi sogni, alle tue illusioni che erano le mie illusioni, alle tue speranze che erano le mie speranze, alla vita! E l’amore esisteva, non era un imbroglio, era piuttosto una malattia, e di tale malattia potevo indicare tutti i segni, i fenomeni. Se parlavo di te con gente che non ti conosceva o alla quale non interessavi, mi affannavo a spiegare quanto tu fossi straordinario e geniale e grande; se passavo davanti a un negozio di cravatte e camicie mi fermato d’istinto a cercare la cravatta che ti sarebbe piaciuta, la camicia che sarebbe andata d’accordo con una certa giacca; se mangiavo al ristorante sceglievo senza accorgermene i piatti che tu preferivi e non che io preferivo; se leggevo il giornale notavo sempre la notizia che a te avrebbe interessato di più, la ritagliavo e te la spedivo; se mi svegliavi nel cuore della notte con un desiderio o una telefonata, mi fingevo più desta di un fringuello che canta al mattino”.
— Oriana Fallaci, “Un uomo”

martedì 18 luglio 2017

Fernanda Pivano

E il suo modo di bere se deve assomigliare a qualcosa assomiglia più a quello della Generazione Perduta che a quello della generazione Beat.
— Fernanda Pivano a Charles Bukowski

Fernanda Pivano

Donarsi vuol dire rispettare sé stessi, anzitutto, cioè passare la giornata a crescere le proprie forze, il proprio valore, la propria anima e cultura per farle servire a qualcosa. Donarsi vuol dire non aver tempo di guardare al passato e quindi non compiangersi. Mi fa ridere coi Suoi 26 anni. Si può cominciare a 40.
— Cesare Pavese a Fernanda Pivano (dalle Lettere 1924-1944)