sabato 13 settembre 2014

Italo Svevo

Avvicino la mia faccia alla tua e non so ancora se ti man­gerò o ti bacerò.”

—  Italo Svevo a Livia, Diario per la fidanzata, 4 Gennaio 1896.


Italo Svevo

“È una delle grandi difficoltà della vita l’indovinare ciò che una donna vuole.”

— Italo Svevo - La coscienza di Zeno


Italo Svevo

Queste carezze e parole affettuose non hanno bisogno di essere ripetute per continuare, per esistere in qualche posto, un legame fra noi sempre vivo e sempre ugualmente intimo. Quando un giorno, per calmare la mia coscienza, le misi due dita sotto al mento e la guardai lungamente negli occhi fedeli, essa con abbandono s’accostò a me e mi porse le labbra: «Sei rimasto sempre affettuoso tu». Ciò mi sorprese un poco al momento. Poi guardando con attenzione nel passato, m’avvidi infatti che io di affetto non avevo mai mancato in modo da negare l’amore antico che le avevo portato. L’avevo anche abbracciata un po’ distrattamente ogni sera prima di chiudere gli occhi al sonno.
Italo Svevo, Il vegliardo

Italo Svevo

– Chissà se l’amo? – È un dubbio che m’accompagnò per tutta la vita e oggidì posso pensare che l’amore accompagnato da tanto dubbio sia il vero amore.
—  La coscienza di Zeno, Italo Svevo

Italo Svevo

L’amore sano è quello che abbraccia una donna sola e intera, compreso il suo carattere e la sua intelligenza.
—  La coscienza di Zeno, Italo Svevo

Italo Svevo

Ho un mondo da fare ma attraverso a tutte le noie vengo accompagnato dal ricordo del tuo ultimo bacio. Lo asciugai sulle scale ma con la lingua ed ora ne sono tutto quietato e lieto. Come sto bene e come starò bene sempre! Il bene lo succhierò sempre dalla tua bocca.
—   Italo Svevo a Livia, 21 gennaio 1896 , in "Diario per la fidanzata" 

Eugenio Montale, “Un incontro a Milano” (dal Corriere d’informazione, 21 febbraio 1946)

Sul finire dell’inverno del 1926, in un mattino quasi primaverile, un signore piuttosto anziano, non alto, alquanto corpulento ma elegante, si era fermato dinanzi all’ingresso del teatro della scala a Milano. Era con lui una signora di parecchi anni più giovane. Il signore anziano somigliava stranamente a un ritratto dell’industriale triestino Ettore Schmitz, da me visto poco prima sulle “Nouvelles litteraires”. In compagnia di un amico seguii per qualche tratto di via Manzoni la coppia, poi mi feci coraggio e arrischiai la domanda: “Il signor Schmitz?”. Non mi ero sbagliato. Avevo davanti a me il romanziere Italo Svevo, l’uomo che mi aveva scritto due mesi prima per ringraziarmi di un articolo con cui avevo precorso (modesta staffetta) lo scoppio della sua improvvisa celebrità. Il signor Schmitz ci invitò a sedere con lui a un caffè. Il mio nome aveva destato la sua curiosità. Un importatore di resine e di acquaragia che si chiamava come me gli aveva venduto merce per anni e anni, con molta sua soddisfazione; era forse mio parente? Ammisi che si trattava di mio padre, senza supporre che acquistavo un titolo di benemerenza ai suoi occhi.
—  Eugenio Montale, “Un incontro a Milano” (dal Corriere d’informazione, 21 febbraio 1946)

Eugenio Montale

“Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.”

— Eugenio Montale, Ossi di seppia