sabato 8 febbraio 2014

Monica Vitti

Quando scrivo, mi assale una fame emotiva, un indice molto preciso che mi coglie anche quando m’innamoro o devo superare una prova. Se scrivo, ogni tanto devo alzarmi e addentare un panino al prosciutto. Ma non aumento di peso.
(Monica Vitti)
 


Cosa state rileggendo?

Dimmi ciò che rileggi e ti dirò chi sei.
(Francois Mauriac)
Cosa state  rileggendo?


Tratto da "Insciallah" di Oriana Fallaci

"La Vita non è uno spettacolo muto o in bianco e nero. È un arcobaleno inesauribile di colori, un concerto interminabile di rumori, un caos fantasmagorico di voci e di volti, di creature le cui azioni si intrecciano o si sovrappongono per tessere la catena di eventi che determinano il nostro personale destino. Cara, una delle cose che terrei a dire nella mia piccola Iliade è proprio il fatto che il nostro personale destino viene sempre determinato da una catena di eventi tessuti dall'intrecciarsi o dal sovrapporsi di azioni non compiute da noi. Ad esempio dal semplice gesto d' una persona il cui personale destino verrà a sua volta determinato dal semplice gesto di un'altra persona, all'infinito, con una meccanica estranea alla nostra volontà cioè al nostro libero arbitrio".
Da "Insciallah" di Oriana Fallaci

Pietro Nenni (Faenza, 9 febbraio 1891 – Roma, 1º gennaio 1980)

Pietro Nenni sarebbe stato uno splendido presidente delle Repubblica, e ci avrebbe fatto bene averlo al Quirinale. Ma non glielo permisero, non ce lo permisero. I suoi amici prima ancora dei suoi nemici.
(Oriana Fallaci)

Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d'Egitto. Dopo i primi studi, insoddisfatto dell'ambiente culturale della città. nel 1912 si trasferisce a Parigi: qui conosce i principali artisti e letterati del periodo e frequenta la Sorbona, pur senza laurearsi. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale si sposta in Italia, dove si arruola volontario: mandato a combattere sul Carso, durante le pause dei combattimenti scrive le poesie del Porto Sepolto. Terminato il conflitto, lavora come corrispondente da Parigi per il quotidiano fascista "Il popolo d'Italia". Dopo il trasferimento a Roma, entra a far parte del vivace ambiente culturale della città e nel 1936 accetta l'incarico come insegnante di lingua e letteratura italiana all'università di San Paolo del Brasile. Nel 1942 torna in Italia e ottiene una cattedra analoga all'università di Roma. Nel secondo dopoguerra la fama di Ungaretti cresce sempre di più e gli fa ottenere diversi riconoscimenti. Muore a Milano nel 1970, dopo un viaggio negli Stati Uniti.
Di animo profondamente religioso, Ungaretti ritiene che compito della poesia sia esprimere il mistero celato nell'universo in ciascun uomo e che solo un rigoroso e paziente "lavoro" letterario possa dare voce alla realtà. Egli considera inoltre la poesia come una "traduzione" della vita profonda dell'anima, in cui gli eventi biografici si riflettono per trasformarsi in sentimenti ed emozioni.
L'Allegria . Il primo nucleo dell'opera, pubblicata nel 1919, è costituito dalle poesie scritte durante i combattimenti sul Carso  e pubblicate nel 1916 con il titolo "Il Porto Sepolto". Continuamente rimaneggiata e modificata, la raccolta assume il titolo attuale (L'Allegria) nel 1931, mentre l'edizione definitiva è del 1942: settantaquattro liriche sono suddivise in cinque sezioni, che sostanzialmente rispettano l'ordine cronologico di composizione.
Per di più, di ciascuna poesia sono indicati il luogo e la data di composizione, quasi a sottolineare l'intento diaristico dell'opera.
Il significato del titolo rimanda all' " attaccamento alla vita" che l'uomo scopre quando si trova vicino alla morte; e fra i temi della raccolta, centrale è quello della guerra, vista come caos e orrore. Importante  è anche il sentimento di profonda fratellanza con gli altri uomini, oltre che il valore rivelatore della poesia, che sola permette di esprimere la verità profonda dell'anima.
Ungaretti ritocca continuamente le proprie liriche, con un paziente labor limae che procede nella direzione dell'essenzialità. Le sue poesie sono brevi, la sintassi è semplificata, la punteggiatura abolita. Innovativo è anche l'uso del verso libero, di solito molto breve o addirittura costituito da una sola parola. Da notare, comunque, che spesso i versicoli ungarettiani si succedono in modo tale da ricordare l'andamento ritmico dei versi tradizionali.
Sentimento del tempo ( 1933) a detta dello stesso autore, è scandita in due parti: la prima, dedicata alla scoperta di Roma e all'estate, la seconda alla fragilità dell'uomo. Suddivisa in sette sezioni, affronta, sebbene in toni più pacati, gli stessi motivi esistenziali dell'Allegria: la solitudine, la pena di vivere, la presenza della morte, l'angoscia e la speranza. Diversamente dalla precedente raccolta, qui ci sono una ripresa delle strutture metriche tradizionali, una versificazione più larga e distesa ( anche con un ritorno all'endecasillabo). Il lessico è "alto"e la sintassi è resa più complessa dall'uso dell'analogia.
Il Dolore (1947), terzo "capitolo" della "biografia" di Ungaretti, è una raccolta costituita da sole sedici poesie, suddivise in sei sezioni e composte fra il  1937 e il 1946, dopo la morte del fratello e del figlio. Ma oltre al dolore privato, c'è anche l'eco del dolore pubblico dovuto alla Seconda Guerra Mondiale. Nonostante gli eventi funesti che le ispirano, le liriche approdano a una dimensione metafisico-religiosa, a un dialogo con Dio. Dal punto di vista stilistico, come nel Sentimento del Tempo,  il linguaggio è "alto" e classicamente sostenuto.


E t'amo, t'amo, ed è continuo schianto!

“Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto …”
E il volto già scomparso
Ma gli occhi ancora vivi
Dal guanciale volgeva alla finestra,
E riempivano passeri la stanza
Verso le briciole dal babbo sparse
Per distrarre il suo bimbo …
Ora potrò baciare solo in sogno
Le fiduciose mani …
E discorro, lavoro,
Sono appena mutato, temo, fumo …
Come si può ch’io regga a tanta notte? …
Mi porteranno gli anni
Chissà quali altri orrori,
Ma ti sentivo accanto,
M’avresti consolato …
Mai, non saprete mai come m’illumina
L’ombra che mi si pone a lato, timida,
Quando non spero più …
Ora dov’è, dov’è l’ingenua voce
Che in corsa risuonando per le stanze
Sollevava dai crucci un uomo stanco?
La terra l’ha disfatta, la protegge
Un passato di favola …
Ogni altra voce è un’eco che si spegne
Ora che una mi chiama
Dalle vette immortali.
In cielo cerco il tuo felice volto,
Ed i miei occhi in me null’altro vedano
Quando anch’essi vorrà chiudere Iddio …
E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto! …
Sono tornato ai colli, ai pini amati
E del ritmo dell’aria il patrio accento
Che non riudrò con te,
Mi spezza ad ogni soffio …
Non più furori reca a me l’estate,
Né primavera i suoi presentimenti;
Puoi declinare, autunno,
Con le tue stolte glorie:
Per uno spoglio desiderio, inverno
Distende la stagione più clemente! 
Giuseppe Ungaretti, Giorno per giorno





Giuseppe Ungaretti, La tua luce

“Scompare a poco a poco, amore, il sole
ora che sopraggiunge lunga sera.
Con uguale lentezza dello strazio
farsi lontana vidi la tua luce
per un non breve nostro separarci.”
Giuseppe Ungaretti,  La tua luce(1968)



Il vero amore è una quiete accesa


Il vero amore è come una finestra illuminata in una notte buia. Il vero amore è una quiete accesa.
Giuseppe Ungaretti, Silenzio in Liguria, in "Sentimento del tempo"





Da "Un grido e Paesaggi", Giuseppe Ungaretti

“Ci si accorge dell’azzurro - è verità - quando l’amore non può essere che malinconia, quando ogni luogo pare non ospitare più se non malinconia.”
— Giuseppe Ungaretti, Un grido e Paesaggi